Uno degli obiettivi principali delle multinazionali agrotecniche, che si tratti di Monsanto, Du Pont, Basf, Bayer etc., è quello di ottenere il monopolio sui semi in modo da poter controllare l’alimentazione mondiale e di conseguenza terreni e popoli.
Il seme rappresenta l’essenza stessa della vita che queste multinazionali vorrebbero brevettare, un processo che garantirebbe loro il pieno controllo sulle colture e guadagni sicuri, dato che i contadini non acquisterebbero più semi liberi ma soggetti a monopolio da parte di queste aziende alle quali dovrebbero pagare una percentuale.
Nel 2013 fece scalpore il caso di Vernon Hugh Bowman, agricoltore statunitense che nel 2007 fu accusato da Monsanto del mancato pagamento del brevetto sulla soia Roundup Ready, la qualità geneticamente modificata commercializzata dalla multinazionale e creata
appositamente per resistere all’impiego dell’omonimo erbicida.
Il caso fu eclatante perché Bowman non utilizzò semi geneticamente modificati brevettati da Monsanto, ma ne acquistò di generici che però erano stati contaminati, destando così l’attenzione della multinazionale che a quel punto ha preteso una percentuale sul raccolto.
Un caso che è doveroso ricordare e che permette di capire quanto sia facile cadere schiavi di queste aziende, che non puntano solo a manipolare geneticamente i semi tradizionali per poter vantare un diritto di proprietà su di essi, ma anche sulle specie vegetali tradizionali attraverso brevetti e patenti.
Questo è il caso di Syngenta, multinazionale svizzera che nel 2015 ha ottenuto il brevetto EP 1.515.600 dall’Ufficio europeo di competenza, che riguarda i pomodori con un alto contenuto di flavonoli (sostanze appartenenti alla categoria dei flavonoidi), potenti antiossidanti.
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