A livello mondiale si parla di circa 1,6 miliardi di tonnellate l'anno. Uno schiaffo alla povertà e un danno all'ambiente conseguenza degli "irrealistici standard estetici" richiesti dai rivenditori
Guardian: in Usa si butta il 50% del cibo. "Colpa della cultura della perfezione"
Uno schiaffo alla povertà e un danno all'ambiente conseguenza di "irrealistici standard estetici", secondo quanto si deduce dai dati ufficiali e da quanto rilevato dai colloqui con decine di fattori, imballatori, trasportatori, ricercatori, attivisti e funzionari del governo. Dai frutteti della California al popolo dei consumatori della Costa Orientale, i contadini e gli altri anelli della catena di distribuzione del cibo denunciano il sacrificio di prodotti di qualità e di alto valore nutrizionale sull'altare della domanda di "perfezione" che parte dalla categoria dei venditori. "Tutto ruota intorno a una produzione priva di macchie", dichiara al Guardian Jay Johnson, fornitore di frutta fresca e verdure dalla North Carolina e dalla Florida centrale, "quanto accade oggi nel nostro business è che o il prodotto è perfetto o viene respinto. Perfetto per loro (i venditori, ndr)".
Lo spreco, spiega ancora il Guardian, si consuma lungo il percorso "dalla fattoria alla forchetta". Con quantità enormi di prodotti perdute già nei campi, poi nei magazzini, durante nel processo di confezionamento, lungo la distribuzione, quindi nei supermercati, nei ristoranti e nei frigoriferi. Secondo un calcolo governativo, ogni anno circa 60 milioni di tonnellate di prodotto, per un valore di circa 160 miliardi di dollari, finiscono al macero per responsabilità dei rivenditori e dei consumatori. Ovvero, un terzo dell'intera produzione. Una stima addirittura al ribasso, perché secondo altri esperti lo spreco rasenta in realtà la metà della produzione. continua a leggere su Repubblica Ambiente
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