Lo ripeteremo fino alla noia: la meningite può essere determinata da diversi agenti batterici e virali, ha una bassa contagiosità, solo una piccolissima parte di chi viene a contatto con l’infetto o il portatore si ammala a sua volta, è indispensabile sostenere il sistema immunitario evitando di abusare con farmaci immunosoppressori quali cortisonici, antibiotici, e anche inutili farmaci-vaccini suggeriti da coloro che seguono le mode imposte dai calendari vaccinali confezionati dalle industrie del farmaco.
Meningite batterica: non c’è alcuna emergenza sanitaria di Redazione Autismo e Vaccini
La forma virale di meningite è quella più comune: di solito non ha conseguenze gravi e si risolve nell’arco di 7-10 giorni. La forma batterica è più rara ma estremamente più seria, e può effettivamente avere conseguenze fatali. Ma non c’è un solo colpevole per la meningite batterica. Il meningococco, molto temuto perché di facile trasmissione, non è infatti l’unico responsabile, come dimostra il caso della maestra di Roma morta a causa di un batterio normalmente presente nell’intestino, l’Escherichia Coli.
Inoltre, nelle ultimissime ore, abbiamo assistito alla diffusione di notizie imbarazzanti che hanno creato ulteriore allarme a fronte di diagnosi che non avevano nulla a che fare con la meningite: un’otite malcurata, un’infezione intestinale mal diagnosticata, fino all’infarto.
Ecco dunque che crediamo opportuno mettere un po’ di ordine sulla questione.
Perché non c’è alcun allarme?
1 – L’Italia è da sempre tra i Paesi a più “bassa incidenza” di meningite meningococcica in Europa.
2 – Si definisce a “bassa incidenza” un Paese che ha “meno di 2 casi di meningite meningococcica ogni 100 mila abitanti” in un anno.
3 – Dal sito Epicentro si apprende che:
4 – Benché i dati del 2016 siano ancora parziali, al 16 novembre 2016 si nota chiaramente che i casi di meningite meningococcica sul territorio nazionale sono in linea con gli anni precedenti ed è molto probabile che si attesteranno definitivamente sui numeri dell’anno precedente.
5 – Dallo stesso report è possibile consultare i dati di sorveglianza di tutte le malattie batteriche invasive, Regione per Regione , ed è possibile rendersi conto coi propri occhi che non c’è alcuna epidemia tale da giustificare i titoloni psicopatici dei media né la promozione massiccia di vaccini in saldo alla popolazione.
6 – Altro dato importante da sottolineare è che negli altri Paesi europei, con incidenze ben maggiori delle nostre, non c’è nessuna emergenza meningite.
7 – Qualche bontempone, per malafede o ignoranza, prosegue ad alimentare la confusione affermando che i casi di meningite sono correlati ai flussi migratori provenienti dall’Africa.
In verità, la cosiddetta “cintura della meningite in Africa” ha un’elevata concentrazione di meningococchi di sierogruppo A [oltre 90%] e le relative epidemie sono notoriamente associate a un ambiente sfavorevole – particolarmente deficitario – rispetto a un Paese industrializzato come il nostro che, tra l’altro, è interessato dal sierogruppo di tipo C o di tipo B.
Dunque, non c’è nessuna correlazione con l’immigrazione.
La malattia meningococcica in Italia
I mesi preferiti per le malattie invasive da meningococco vanno, in Italia, da dicembre a maggio.
In Italia, i meningococchi di gruppo A sono stati responsabili di malattia fino al 1963. In seguito, nel nostro Paese, si sono manifestati più spesso in causa i sierotipi B e C.
Dalla tabella allegata risulta evidente che dal 1985 al 1988 la maggior parte dei casi è dovuta al sierogruppo di tipo C, nel 1989 e nel 1990 dal sierogruppo del tipo B.
In tutto il periodo di sorveglianza la percentuale di ceppi resistenti ai sulfamidici è risultata elevata, mentre la percentuale di ceppi resistenti a rifampicina e minociclina è stata sempre molto bassa.
Dalla tabella allegata risulta evidente che dal 1985 al 1988 la maggior parte dei casi è dovuta al sierogruppo di tipo C, nel 1989 e nel 1990 dal sierogruppo del tipo B.
In tutto il periodo di sorveglianza la percentuale di ceppi resistenti ai sulfamidici è risultata elevata, mentre la percentuale di ceppi resistenti a rifampicina e minociclina è stata sempre molto bassa.
Dal 1994 presso l’Istituto Superiore di Sanità viene approntata una statistica degli isolamenti di meningococco dai casi, presentatisi in Italia, di meningite meningococcica.
Le tabelle sono aggiornate con una ritmicità di circa due mesi: esse riguardano il numero dei casi, suddivisi per età e per Regione.
Viene riportata anche la tipizzazione [A , B , C , W135 , Y] degli isolamenti effettuati.
E questo è il risultato soprendente riportato al 16 novembre 2016
Le tabelle sono aggiornate con una ritmicità di circa due mesi: esse riguardano il numero dei casi, suddivisi per età e per Regione.
Viene riportata anche la tipizzazione [A , B , C , W135 , Y] degli isolamenti effettuati.
E questo è il risultato soprendente riportato al 16 novembre 2016
Perché il risultato è sorprendente ? ….. Perché a fronte dei 175 casi parziali segnalati nella precedente Tabella 07 [Casi e incidenza di malattia invasiva da meningococco per età e anno (2011-2016)] si scende improvvisamente a 138 casi parziali.
Non è dato sapersi dove siano finiti i non pochi 37 casi rimanenti, se sono stati ripartiti in altre malattie invasive batteriche, oppure sono riferibili a casi non tipizzabili, oppure sono riferibili a casi nulli, oppure sono riferibili ad errori diagnostici che non sono mancati in taluni ospedali a causa della psicosi instauratasi a livello nazionale per mano di media irresponsabili e siffatti perdigiorno.
Non è dato sapersi dove siano finiti i non pochi 37 casi rimanenti, se sono stati ripartiti in altre malattie invasive batteriche, oppure sono riferibili a casi non tipizzabili, oppure sono riferibili a casi nulli, oppure sono riferibili ad errori diagnostici che non sono mancati in taluni ospedali a causa della psicosi instauratasi a livello nazionale per mano di media irresponsabili e siffatti perdigiorno.
Negli ultimi anni si sono affiancati all’Istituto Superiore di Sanità alcuni laboratori di ricerca [per esempio con sede a Firenze e Genova] che utilizzano la reazione polimerasica a catena [RT-PCR test] per l’identificazione del sierogruppo.
Il test di Reazione a Catena della Polimerasi [PCR – Polymerase Chain Reaction sviluppato nel 1983 da Kary Mullis] è un test scomodo, al punto che la FDA vorrebbe vietarne l’utilizzo, perchè può rivelare anche risultati importanti nelle questioni riguardanti i vaccini [identificazione di virus, prevenzione e/o connessione di possibili eventi avversi] se messi a disposizione di medici eticamente corretti, laboratori e consumatori. Infatti, è noto che questo test consente ai ricercatori di produrre milioni di copie di una specifica sequenza di DNA in circa due ore!
Il test di Reazione a Catena della Polimerasi [PCR – Polymerase Chain Reaction sviluppato nel 1983 da Kary Mullis] è un test scomodo, al punto che la FDA vorrebbe vietarne l’utilizzo, perchè può rivelare anche risultati importanti nelle questioni riguardanti i vaccini [identificazione di virus, prevenzione e/o connessione di possibili eventi avversi] se messi a disposizione di medici eticamente corretti, laboratori e consumatori. Infatti, è noto che questo test consente ai ricercatori di produrre milioni di copie di una specifica sequenza di DNA in circa due ore!
Ricordiamo che l’habitat naturale del meningococco è il nasofaringe dell’uomo.
Il 2-30% dei bambini sani, in periodo non epidemico, alberga nel nasofaringe il meningococco, e quest’incidenza sale al 90-100% durante il periodo epidemico.
Nella maggioranza dei casi le infezioni rimangono subcliniche, e solo di rado si sviluppa qualche sintomo, ma l’utilizzo del test di Reazione a Catena della Polimerasi – per esempio su un banale tampone orofaringeo – potrebbe contribuire a dare la sensazione di un sensibile aumento dei casi di malattia anche se siamo di fronte al cosiddetto stato di portatore sano.
Il 2-30% dei bambini sani, in periodo non epidemico, alberga nel nasofaringe il meningococco, e quest’incidenza sale al 90-100% durante il periodo epidemico.
Nella maggioranza dei casi le infezioni rimangono subcliniche, e solo di rado si sviluppa qualche sintomo, ma l’utilizzo del test di Reazione a Catena della Polimerasi – per esempio su un banale tampone orofaringeo – potrebbe contribuire a dare la sensazione di un sensibile aumento dei casi di malattia anche se siamo di fronte al cosiddetto stato di portatore sano.
Quindi, considerato che ad aprile 2015 è stato introdotto questo test che rileva il triplo di casi, non si può fingere [come stanno facendo giornalisti e taluni medici vaccinatori] che ci sia un aumento dei casi di meningite meningococcica: significa semplicemente che prima i casi sottostimati erano due su tre, mentre adesso i casi stimati sono tre su tre.
Questo giochetto è palese a pagina 183 dell’abstract book dell’Associazione Italiana di Epidemiologia, rilasciato a margine del 40° congresso nazionale, dal quale si apprende che:
Utilità per non cadere nella rete della psicosi
E’ importante sottolineare che lo stato di portatore sano è un processo immunizzante. Ovvero, è stato osservato che anche dopo la colonizzazione con un ceppo di meningococco non tipizzabile [per esempio Neisseria lactamica] compare un’attività battericida verso i ceppi appartenenti a gruppi specifici, come A , B , C e Y. Ciò suggerisce che questi microrganismi sono capaci d’indurre anticorpi che cross-reagiscono verso altri gruppi, sia durante la risposta immunitaria primaria sia nella risposta anamnestica, rendendo di fatto inutile la profilassi antibiotica e/o vaccinale.
Il periodo d’incubazione dall’inizio della colonizzazione nasofaringea alla diffusione al sangue è sempre stato di difficile definizione, anche se sembra molto breve, con una variabilità fra 2 e 10 giorni.
La trasmissione del meningococco avviene attraverso le vie aeree superiori con le goccioline di saliva e di muco. Poiché il meningococco è un germe molto sensibile alle variazioni di temperatura e all’essicamento, esso vive solo pochi minuti al di fuori dell’organismo, per cui la malattia non si diffonde così facilmente come il comune raffreddore o l’influenza.
In un periodo di 3 anni, senza epidemie, è stato visto che il 18% della popolazione diventa portatore, almeno una volta: la durata media dello stato di portatore è stata di 9,6 mesi e nel 38% dei casi ha superato i 16 mesi. La coesistenza di una malattia virale e un’intensa abitudine al fumo aumentano la possibilità di diventare portatore di meningococco [Stuart JM e collaboratori, 1989]. L’adulto, in almeno la metà dei casi, ha la responsabilità dell’introduzione del meningococco in famiglia.
La trasmissione della malattia da un soggetto all’altro è documentata raramente, perché sono i portatori più che gli ammalati a rappresentare la fonte di diffusione della malattia.
Quando il meningococco supera le difese aspecifiche, presenti nel muco, aderisce alle cellule non ciliate della mucosa del nasofaringe. La disseminazione dal faringe al torrente circolatorio è sempre seguita da manifestazioni cliniche [e qui soprassediamo sul pessimo stato di preparazione delle giovani leve della medicina].
L’insorgenza della malattia clinica dipende dallo stato immunitario del paziente e da altri fattori, che concorrono a portare il meningococco al di là del nasofaringe, tuttavia meno dell’1% delle persone colonizzate dal meningococco presenteranno una malattia invasiva.
Se è vero che il rischio di malattia meningococcia è più alto nel primo anno di vita, dopo che gli anticorpi acquisiti dalla madre sono diminuiti e prima che il sistema immune specifico sia completamente sviluppato [immunità adattiva], è altrettanto vero che la maggior parte dei lattanti non sviluppa malattie invasive da meningococco, nonostante l’alta frequenza dello stato di portatore nasofaringeo di ceppi patogeni. Questo perché avviene la colonizzazione naturale da Neisseria lactamica, un normale commensale della flora del rinofaringe nei bambini piccoli, che rappresenta un elevato fattore di protezione, e costituisce, di fatto, un meccanismo immune [immunità innata] già presente alla nascita per proteggere il lattante dall’infezione meningococcica, prima che si sviluppino gli anticorpi specifici.
In questa fase è ampiamente riconosciuto che il sistema innato del complemento contribuisce alla precoce protezione anticorpo-indipendente verso tutti i meningococchi.
Pertanto, ripetiamo, sostenere il sistema immunitario e attuare corrette abitudini di vita rappresentano la vera forma preventiva a tutela della propria salute, oltre che conservare la facoltà di pensiero critico che taluni pennivendoli cercano di offuscare diffondendo notizie allarmistiche allo scopo di alimentare il commercio di vaccini tutt’altro che sicuri ed efficaci contro i meningococchi [basta leggere i foglietti illustrativi rilasciati dai produttori].
Articolo di Autismo e Vaccini
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