La battaglia contro i tumori inizia a tavola rivoluzioniamo le nostre - troppe, cattive abitudini! Oggi, in un'epoca di cibi sempre più industriali, manipolati, prodotti con materie prime modificate geneticamente e imposti dalla pubblicità e dal marketing, noi possiamo e dobbiamo andare oltre affermando che "stiamo" bene o male in base a "che cosa" mangiamo o non mangiamo.
Mangiare Bene per Sconfiggere il Male Di Maria Rosa Di Fazio
Le cattive abitudini a tavola si possono correggere se si impara a riconoscerle!
"Fa' che il cibo sia la tua medicina", ammoniva Ippocrate, padre della scienza medica.
Oggi, in un'epoca di cibi sempre più industriali, manipolati, prodotti con materie prime modificate geneticamente e imposti dalla pubblicità e dal marketing, noi possiamo e dobbiamo andare oltre affermando che "stiamo" bene o male in base a "che cosa" mangiamo o non mangiamo.
Non solo: perché la nostra salute e quella dei nostri figli dipendono anche dal "quando" consumiamo un determinato alimento, dal "come" lo cuciniamo, senza mai sottovalutare "insieme a che cosa" lo abbiniamo e lo portiamo in tavola.
Sono tutte informazioni che troverete in questa guida pratica e di facile lettura allo stare bene, ma anche alla prevenzione più naturale, nonché più semplice e perfino più economica, delle peggiori malattie.
Informazioni che nascono dall'esperienza ultra-ventennale di un'affermata oncologa italiana.
Dobbiamo decidere se vogliamo continuare a essere azionisti occulti, inconsapevoli e senza nemmeno diritto di voto di qualche grande corporation alimentare o piuttosto ridiventare i ben informati unici proprietari della nostra salute, ovvero del più importante patrimonio di cui disponiamo – gratuitamente, per dono divino – fin dalla nascita.
L'argomento è infatti estremamente vasto a articolato, ma al tempo stesso delicato per le infinite implicazioni, anche psicologiche, insite in quello che è il nostro rapporto quotidiano e pluriquotidiano con il cibo.
Mi riferisco ad abitudini e a luoghi comuni. A forme di golosità, così come a repulsioni. A convinzioni di salubrità tanto radicate quanto errate e a dicerie di senso opposto, ma considerate "attendibili" da tanti - troppi! - solo perché sentite in TV, lette sui giornali o scovate su Internet. Ancora: a tradizioni gastronomiche familiari giudicate immutabili fino ad arrivare a forme di attaccamento morbose, a volte isteriche, a un certo alimento o a un altro.
Cercavo quindi, nel mio bagaglio di esperienza medica, un caso clinico che fosse in grado di sintetizzare - a titolo di esempio comprensibile anche dai non addetti ai lavori - quello che è l'indissolubile nesso di causa/effetto esistente tra buona alimentazione e salute. E, cosa ancora più importante, ciò che può trasformare una cattiva alimentazione in malattia.
Perché tale duplice nesso esiste, eccome se esiste! Se vogliamo insomma volerci bene, di questo nesso e di questa correlazione dobbiamo tenere conto sempre, ogni giorno, tre volte al giorno, quante sono le volte in cui ci sediamo a tavola. Dobbiamo tenerne conto proprio così come sappiamo di dover svolgere una seppur minima attività fisica per mantenerci in forma - basta mezz'ora giornaliera di camminata di buon passo - e di dover abbandonare definitivamente la micidiale cattiva abitudine del fumo.
Le buone abitudini nei confronti del cibo, a voler ben guardare, non richiedono molto: cominciamo da una prima colazione in grado di darci la giusta energia per iniziare la giornata e passiamo poi a un pranzo che sia sempre proporzionato allo sforzo psicofisico richiesto dal nostro tipo di attività lavorativa; tenendoci insomma leggeri, se il nostro è un impegno sedentario che ci tiene per ore inchiodati a una scrivania. Ma soprattutto terminiamo con una cena che dovrà essere ancora più corretta. Intendendo con quel "corretta" una cena il più possibile leggera, per non dire frugale; perché è proprio grazie alle, o per colpa delle, nostre abitudini a cena - soprattutto a cena! - che possiamo dare una mano o invece arrecare danno al nostro benessere.
Purtroppo so bene che in tanti, forse per togliersi il pensiero, tagliano corto accampando le proprie personali visioni del problema. Tutte legittime, sia ben chiaro, ma regolarmente prive di fondate conoscenze medico-scientifiche.
C'è ancora chi si ostina ad affermare che quella relativa all'esistenza di un nesso tra cibo e salute sia una teoria campata in aria. Chi lo dice sembra ignorare, insomma, quel che disse in proposito Ippocrate, il padre fondatore della scienza medica - in verità lui la chiamava più correttamente "Arte" medica - quando ammoniva "Fa' che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo".
Ma senza dover scomodare Ippocrate, appare evidente che gli scettici in materia sembrano non voler nemmeno tener conto di un vecchio quanto saggio detto popolare, quello che recita: "Si deve mangiare per vivere e non vivere per mangiare".
Per altri, più fatalisti, la questione sta tutta nel gioco del destino o, se preferite, della fortuna e ciò renderebbe a loro avviso del tutto inutile negarsi questo o quell'alimento, il vizio del fumo o quello del bere. Ragionando così - o, meglio, sragionando in tal modo - si può anche decidere di guidare a fari spenti e procedendo contromano: per qualche notte potrà anche andarci bene, ma prima o poi un platano o un'altra auto si materializzeranno davanti alla nostra automobile.
Non mancano, poi, quelli che liquidano la faccenda cavandosela con un rassegnato quanto ridicolo: "Tanto respiriamo già aria inquinata, quindi...". Come se fosse logico e sensato aggiungere tossicità che possiamo evitare, in quanto dipendono da noi e dalle nostre scelte, ad altre tossicità - come appunto l'inquinamento ambientale - contro le quali, invece, possiamo fare ben poco. Purtroppo.
Se degli scettici riesco comunque a sorridere, ce ne sono altri che piuttosto mi fanno per davvero arrabbiare e che sinceramente non tollero: sono quelli che dicono "Non si può vivere da malati", rinunciando a certi cibi, "per poi morire sani". Pensano, compiacendosene, che la loro sia una buona battuta, mentre è soltanto una battuta stupida, fondata sulla non conoscenza di che cosa voglia dire "malattia". Battuta che a me, medico, suona anche crudele, pur se involontariamente, dal momento che l'ho sentita fare anche da persone che so bene essere buone d'animo. Buone ma, nel merito, del tutto ignoranti; detto - beninteso -nel senso più benevolo del termine, ovvero che ignorano.
Vorrei che queste persone passassero anche soltanto un giorno in un reparto di Oncologia, come faccio io da più di vent'anni, a fianco dei malati e dei loro cari, trovatisi scaraventati loro malgrado su tale terribile fronte di guerra. Vorrei che anche loro ascoltassero fin "dentro", nell'anima, quel che si prova davanti a un essere umano che muore, a volte urlando dal dolore anche se sotto trattamento di morfina; un essere umano come loro, che in quel terribile momento farebbe qualunque cosa pur di poterne uscire. Sono convinta che chi fa battute di tal genere se ne pentirebbe, rendendosi conto di quanto possano essere ingiuste e infelici.
Si ricrederebbe e comprenderebbe come l'obiettivo dovrebbe essere, invece, di vivere sani e morire altrettanto sani. Perché, se la morte è per tutti noi l'atto finale della vita, dato che della vita è parte inscindibile, non si comprende perché mai dovremmo ridurci ad affrontarla per di più da malati, soffrendo.
Questo libro è un manuale divulgativo, non certamente un romanzo. Ma, nelle mie intenzioni, l'esempio che stavo cercando avrebbe dovuto avere proprio quel ruolo fondamentale che i bravi romanzieri affidano all'incipit, cioè al paragrafo iniziale usato per catturare il lettore fin dalle prime righe. Per portarlo così da subito dentro al racconto e per poi tenercelo avvinto, pagina dopo pagina, fino al punto conclusivo.
La battaglia contro i tumori inizia a tavola rivoluzioniamo le nostre - troppe, cattive abitudini!
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